Puntuali
come ogni anno, il 1° maggio Cagliari e l'intera Sardegna hanno
festeggiato Efisio, il martire patrono della Sardegna, e hanno dato
inizio al pellegrinaggio verso il luogo del suo martirio a Nora La
processione più imponente del Mediterraneo si ripete da 356 anni per
sciogliere il voto fatto per la liberazione del capoluogo sardo dalla
peste, ma anche perché i devoti possano chiedere aiuto e protezione
o ringraziare per una grazia ricevuta. Quest'anno le preghiere dei
fedeli sono state rivolte al Santo per la liberazione di Rossella
Urru, la cooperante sarda rapita tra
il 22 e il 23 ottobre scorsi in un campo profughi Saharawi nel sud
dell'Algeria.
Cagliari
si è svegliata sotto la pioggia che, lungo la strada per raggiungere
la città, ha accompagnato i gruppi folkloristici provenienti dalle
diverse regioni dell'isola. Le prime ore della lunga giornata sono
trascorse per tutti in preda alla preoccupazione: l'organizzazione ha
temuto forti ritardi nello svolgimento della processione che vede
migliaia di persone partecipare con gli abiti tradizionali dei propri
paesi (oltre sessanta comunità rappresentate e oltre ottanta gruppi
presenti) e queste hanno temuto di dover rinunciare all'importante e
atteso appuntamento o di dover mettere a rischio i preziosi abiti
indossati. Gli abiti di famiglia, le stoffe pregiate e i ricci
ricami, così come le fogge più modeste e semplici, sono stati
esibiti tutti appena la pioggia ha smesso di cadere rispettando le
seguitissime previsioni meteorologiche degli ultimi giorni. Con circa
mezz'ora di ritardo la processione ha iniziato a muoversi per la
gioia di tutti: organizzazione, gruppi e partecipanti, turisti che
hanno potuto
ammirare lo spettacolo della devozione e del patrimonio culturale
sardo.
Ancora
una volta, come si ripete ininterrottamente dal 1978, anche il nostro
Gruppo ha partecipato, cantando il Rosario
tradizionale delle nostre novene campestri, con 'la
fierezza degli antichi sovrani';
così ha scritto una spettatrice originaria di Modena in una lettera
pubblicata da L'Unione Sarda il 3 maggio. Quella fierezza e quello
splendore fanno parte di noi sardi, è il frutto di millenni di
storia e vita della nostra terra e del nostro popolo. È vero, come
ha scritto la gentile turista, che l'indomani con 'gli
abiti di tutti i giorni'
eravamo a scuola o a lavoro: alcuni alle scuole superiori e altri
all'Università (qualcuno impegnato con un esame), alcuni a lavoro
proprio in un supermercato e altri proprio dietro una scrivania (come
si legge nella lettera), altre – nonne e mamma – hanno lavorato
in casa e hanno riordinato gli abiti 'dei
re e delle regine',
indossati a Cagliari da loro stesse, dai loro figli, dai loro nipoti.
Per fortuna questi abiti da
're e regine'
non resteranno chiusi a lungo negli armadi, come teme chi ha scritto
la lettera, qualcuno li ha sicuramente indossati il giorno seguente,
altri il giorno prima, si ritroveranno tutti insieme il 20 maggio, a
Sassari per la Cavalcata Sarda... E sino al prossimo primo maggio ci
saranno numerose occasioni per indossarli con l'antico orgoglio e con
sobria fierezza ma, allo stesso tempo, con molta naturalezza perché
l'abito tradizionale per 'quei
re e quelle regine' non
è un costume,
ma
è l'aspetto esteriore della storia e dell'identità che portano
dentro, di quel che sono nella vita di tutti i giorni, a scuola, in
casa, a lavoro in un supermercato.
Nel
tardo pomeriggio, la solennità del corteo processionale ha lasciato
il posto alla festa profana. Antichi strumenti – come le launeddas
– e numerosi organetti si sono alternati ai tradizionali cori a
tenore e
alle suggestive voci singole a cappella: quella maschile che ha
accompagnato il ballo su
durdurinu,
eseguito dal Gruppo
Su Gologone
di
Oliena e
quella femminile che ha accompagnato il nostro Gruppo in su
Ballu cantau.
Foto della processione scattate da R. Raccis
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