La scorsa settimana, esattamente il 21
febbraio, è stata celebrata in tutto il mondo la Giornata
Internazionale della Lingua Madre, istituita dall'UNESCO – nel 1999
– per porre all'attenzione del mondo intero l'importanza del
plurilinguismo e del diritto di ogni popolo e di ogni comunità a
parlare la propria lingua madre.
Il
sardo è una lingua riconosciuta dallo Stato italiano e beneficiaria
degli effetti della Legge 482/99, Norme in materia di tutela delle
minoranze linguistiche storiche, insieme ad altre undici
minoranze linguistiche presenti in Italia, appartenenti alle comunità
friulane, ladine, occitane, franco-provenzali, francesi, croate,
slovene, greche, catalane (Alghero), germaniche e albanesi. Quella
sarda è la minoranza linguistica più numerosa in Italia. Questa
legge di tutela per le lingue minoritarie (l'aggettivo non indica una
inferiorità qualitativa di qualsiasi genere ma una inferiorità
numerica dei parlanti rispetto a quanti si esprimono in una lingua
riconosciuta ufficiale nello Stato in cui vive la comunità di
minoranza) è arrivata con un notevole ritardo rispetto a quanto già
sancito dalla Costituzione nazionale al momento della nascita della
Repubblica Italiana, che all'articolo 6 recita: La Repubblica
tutela con norme apposite le minoranze linguistiche.
Cogliamo l'occasione per ricordare
questa importante celebrazione con un breve racconto della tradizione
orale di Ghilarza, rilevato anche dal linguista Gino Bottiglioni nei
primi decenni del 1900 e pubblicato nel 1922, per l'editore Olschki,
in Leggende e tradizioni di Sardegna : testi dialettali in grafia
fonetica.
In sas domos de jana de Trempu
(est una localidade de bidda) biviant sas zanas. Sas zanas fuint
bellas meda ma piticheddeddas piticheddeddas. Fintzas sos trastos de
sas domos issoro fuint piticheddeddos piticheddeddos. Si bestiant de
ruju cun unu mucadore a frores postu comente su chi zughet s'istàtua
de santa Zita e si poniant cannacas de oro. Cusiant e traballaiant in
sa terra issoro. Sas zanas non biviant cun s'àtera zente. Fuint
religiosas meda e sa crèsia issoro fuit comente sas chi tenimos
nois. Sigomente fuint erricas medas, in su cunzadu issoro ant agatadu
cosas medas de valore.
Cando
sunt arribados sos pisanos sas zanas a pagu a pagu si sunt
ispèrdidas e sunt abarradas sas domos ebbia.
Nelle domus de jana di Trempu (una
località nelle campagne del paese dove sorge un novenario, un
piccolo villaggio religioso) vivevano le janas, Le janas erano molto
belle ma piccolissime. Anche gli arredi delle loro abitazioni erano
piccolissimi. Vestivano di rosso, con un fazzoletto a fiori portato
come si vede nella statua di santa Zita e con collane d'oro. Cucivano
e lavoravano nei loro terreni. Le janas non vivevano con le altre
persone. Erano molto religiose e la loro chiesa era come le nostre.
Poiché erano molto ricche, nei loro terreni sono stati ritrovati
molti oggetti di valore.
Quando
sono arrivati i pisani le janas sono scomparse lentamente e sono
rimaste solo le loro abitazioni.
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