martedì 26 febbraio 2013

Unu contu in sardu pro ammentare sa Die Internatzionale de sa Limba Mamma / Un racconto in sardo per ricordare la Giornata Internazionale della Lingua Madre


La scorsa settimana, esattamente il 21 febbraio, è stata celebrata in tutto il mondo la Giornata Internazionale della Lingua Madre, istituita dall'UNESCO – nel 1999 – per porre all'attenzione del mondo intero l'importanza del plurilinguismo e del diritto di ogni popolo e di ogni comunità a parlare la propria lingua madre.

Il sardo è una lingua riconosciuta dallo Stato italiano e beneficiaria degli effetti della Legge 482/99, Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche, insieme ad altre undici minoranze linguistiche presenti in Italia, appartenenti alle comunità friulane, ladine, occitane, franco-provenzali, francesi, croate, slovene, greche, catalane (Alghero), germaniche e albanesi. Quella sarda è la minoranza linguistica più numerosa in Italia. Questa legge di tutela per le lingue minoritarie (l'aggettivo non indica una inferiorità qualitativa di qualsiasi genere ma una inferiorità numerica dei parlanti rispetto a quanti si esprimono in una lingua riconosciuta ufficiale nello Stato in cui vive la comunità di minoranza) è arrivata con un notevole ritardo rispetto a quanto già sancito dalla Costituzione nazionale al momento della nascita della Repubblica Italiana, che all'articolo 6 recita: La Repubblica tutela con norme apposite le minoranze linguistiche.

Cogliamo l'occasione per ricordare questa importante celebrazione con un breve racconto della tradizione orale di Ghilarza, rilevato anche dal linguista Gino Bottiglioni nei primi decenni del 1900 e pubblicato nel 1922, per l'editore Olschki, in Leggende e tradizioni di Sardegna : testi dialettali in grafia fonetica.

In sas domos de jana de Trempu (est una localidade de bidda) biviant sas zanas. Sas zanas fuint bellas meda ma piticheddeddas piticheddeddas. Fintzas sos trastos de sas domos issoro fuint piticheddeddos piticheddeddos. Si bestiant de ruju cun unu mucadore a frores postu comente su chi zughet s'istàtua de santa Zita e si poniant cannacas de oro. Cusiant e traballaiant in sa terra issoro. Sas zanas non biviant cun s'àtera zente. Fuint religiosas meda e sa crèsia issoro fuit comente sas chi tenimos nois. Sigomente fuint erricas medas, in su cunzadu issoro ant agatadu cosas medas de valore.
Cando sunt arribados sos pisanos sas zanas a pagu a pagu si sunt ispèrdidas e sunt abarradas sas domos ebbia.

Nelle domus de jana di Trempu (una località nelle campagne del paese dove sorge un novenario, un piccolo villaggio religioso) vivevano le janas, Le janas erano molto belle ma piccolissime. Anche gli arredi delle loro abitazioni erano piccolissimi. Vestivano di rosso, con un fazzoletto a fiori portato come si vede nella statua di santa Zita e con collane d'oro. Cucivano e lavoravano nei loro terreni. Le janas non vivevano con le altre persone. Erano molto religiose e la loro chiesa era come le nostre. Poiché erano molto ricche, nei loro terreni sono stati ritrovati molti oggetti di valore.

Quando sono arrivati i pisani le janas sono scomparse lentamente e sono rimaste solo le loro abitazioni.


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